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Il Roverismo entra per i piedi...: La Strada è l'ambiente "base" del rover, la strada è il chiostro del rover. Ecco allora un brano dal libro del Folliet ("La spiritualità della strada") al quale si sono ispirati i rover e le scolte del "dopo guerra"... Anche questo testo è difficilmente reperibile oggi, ma se vogliamo tornare alle fonti, e comprendere meglio lo spirito del roverismo e dello scoltismo cattolici... (Questo brano del libro si collega, e in parte ricalca alcuni passaggi, alla pagina "La strada come ritiro")

La Strada e la vita 

 

A contarne le ore, la strada non è che una piccola parteda "Strade al sole", rivista  rover ASCI della vita, piccolissima se la si paragona alle ore che prendono la famiglia, il lavoro e anche il sonno. Una quindicina di giorni all'anno il minimo, una trentina al massimo. 

Ma non lamentiamocene: è bene che sia così. Che un Sant'Alessio o un San Benedetto Labre passino la loro vita per monti e valli, è giusto, perché essi rispondono a una vocazione divina. Ma per noi, viandanti senza gloria, fanti della strada, la vocazione è quella di tutti i cristiani: noi ci guadagniamo il Paradiso con l'amore che mettiamo nel compiere i doveri del nostro stato.

Prima di essere “viandanti”, noi siamo figli, fratelli, sposi, padri di famiglia; avvocati o falegnami, giornalisti o contabili, cittadini, membri di un'associazione o di un partito, decisi in ogni caso a vedere chiaro e ad agire rettamente per il bene della nostra Patria e dell'umanità. Se dedicassimo alla strada il tempo dovuto ad altri impegni, abbandonando, per andarcene all'aria aperta, il focolare, l'ufficio, il foro, e se trascurassimo la parrocchia, prima cellula della Cristianità, noi faremmo poco onore alla spiritualità della strada, e la gente avrebbe il diritto di considerarci dei vili, dei pigri o dei sognatori.

Accettiamo dunque queste restrizioni e questi limiti:

alle necessità quotidiane la nostra attività di ogni giorno; alla strada il nostro tempo libero. O meglio, dato che bisogna restringere ancora, una parte del nostro tempo libero.

Ci sollecitano infatti altre cose che hanno su di esso la preferenza: le riunioni di famiglia l'apostolato nel nostro ambiente, la carità materiale e spirituale, il dovere di conservare e aumentare la nostra cultura.

Noi dobbiamo ad ognuno la sua fetta dì torta. E non sarà certo la più piccola ascesi della strada, quella di rinunciare ai piaceri della strada.

Si aveva voglia di partire fischiettando, col sacco in spalla su una strada che il sole riempie di gioia primaverile; si resterà invece a casa; si resterà invece a casa, per ricevere lo zio Trasibulo, la noia incarnata, che ci racconterà per la centesima volta una storia che non ha nessun interesse per noi.

Sì sognava di leggere Péguy, sdraiati sull'erba sotto la breve ombra dei meli: invece si finirà col passare tutto il pomeriggio nel cortile di un oratorio, fra gli strilli di trecento ragazzini, la polvere che si solleva e il tanfo delle officine vicine.

La strada esige che si ordini e si sottometta anche l'affetto che si ha per lei.

Se qualcuno sottovaluta o disprezza la strada, considerandola come un'attività indegna di uomini ragionevoli, lo fa forse qualche volta per mancanza di semplicità, per ignoranza o per effetto di un borghesismo inveterato. Ma io credo che lo faccia soprattutto perché i viandanti che vede, offrono una ben povera immagine della strada. Ci sono infatti, disgraziatamente in tutte le équipes dei ragazzi che danno un'impressione di infantilismo, per parlare come gli psichiatri. Si potrebbe considerarli un po’ indietro, rimasti definitivamente legati alla loro adolescenza. Conoscono i cento modi per cuocere la minestra su un fuoco di legna, ma non leggono mai il giornale, e ignorano completamente i problemi del loro paese e della loro epoca; oppure se leggono qualcosa è senza critica, con una beata accettazione del più odioso conformismo.

Sanno leggere una carta meglio di un ufficiale di stato maggiore: ma la minima obiezione alla loro fede li trova disarmati, come un uccello notturno davanti al sole. Sono pronti a salvare dall'acqua gli sfortunati che vi stanno annegando: ma non si curano delle esigenze sindacali e corporative; ora, si ha raramente l'occasione di ripescare un annegato, mentre si ha ogni momento l'opportunità di aiutare i propri compagni di lavoro. Cantano bene, ma il loro canto interessa solo loro. Hanno qualcosa di selvatico, di rozzo, qualcosa anche di spostato, di inadatto. Sarebbero, senza dubbio, dei buoni cow-boys o dei praticissimi cacciatori di pellicce. Il loro posto non è nella società europea del XX secolo. Non hanno saputo tagliare nella loro esistenza, la parte della strada.

Allora bisognerà suddividere il nostro tempo, tagliare la nostra vita in due parti, una dedicata agli affari correnti, l'altra, esigua, dedicata alle occupazioni della strada?

Questo sarebbe un errore opposto al primo; un eccesso non meno deplorevole dell'altro. Giacché non si può dividere la vita in compartimenti stagni: o quando uno ci si prova e crede di arrivarci, è a danno della vita e del contenuto di ogni compartimento.

La nostra vita tutta intera, deve impegnarsi nella strada, e la strada deve influire su tutta la nostra vita.

Un paradosso? Un gioco di parole? Mi spiego.

Prima di tutto la strada ci permette di fare un ritiro.

Un ritiro che non assomiglia ai ritiri chiusi in cui si seguono gli esercizi di Sant'lgnazio, né a quelli più lenti e meno razionalisti, ai quali ci si abbandona nella pace di un chiostro e nell'andamento regolare della liturgia. Un ritiro aperto, al sole, all'aria libera.

[...] da "Strade al sole", rivista Rover ASCIEccoci alla cruda luce del giorno, in faccia a noi stessi.

 Che cosa valiamo?

[...] Portiamo in noi [...] la nostra vanità, il desiderio di apparire, di brillare, di dominare, di proteggere i nostri interessi, le nostre capitolazioni davanti alla forza del nostro istinto, o la potenza delle tenebre; illuminiamo tutte le luci false, tutte le ombre che si accumulano nei nostri cuori.

Eccoci di fronte al nostro passato dopo l'ultima strada.

Cosa abbiamo fatto?

Abbiamo smosso molta aria, lanciato molti petardi e scintille; come si usa dire al sud della Loira, abbiamo fatto molto “volume”. E poi?...

Dov’è finita la grande cosa, l'unica cosa, - come la canta un po' goffamente un vecchio cantico - la nostra santità?

A quale livello lasciamo le anime che Dio ci ha affidato?

 [...] Momento di ripresa, di risoluzione.

Quello che io chiamo ironia della strada è questo ritorno al senso delle giuste proporzioni. Come ogni ironia anche questa non passa senza sofferenze, buone sofferenze, punzecchiature del pungolo contro il quale non si recalcitra.

In montagna, quando è limpido si vede lontano per dei chilometri con la precisione di una mappa; quello che si era preso per una foresta si rivela un gruppo d'alberi, e così di seguito. In cammino ci si volta indietro verso la vita che si snoda in tutta la sua ampiezza; si riflette, ci si esamina, si giudica, si decide.

Non sarà mai esaltato troppo questo aspetto claustrale, questo valore meditativo della strada.

Evasione, sì, non lo neghiamo, ma evasione benefica, evasione del forte che si ritira dalla mischia perché lo vuole e per tornarci con maggior coraggio, non del vile che scappa gettando le armi. Quelli che aggrottano le sopracciglia dimostrano di conoscere male la natura umana.

[...] Diciamo dunque che la strada è una scuola di vita.

Ce ne sono delle altre; se ne può fare a meno, ma essa forma, serve.

Se l'ascesi della strada che abbiamo laboriosamente analizzata, portasse i suoi risultati solo durante il cammino, sarebbe quasi tempo perso ed energia sprecata. [...]

 Certamente le abitudini variano con l'ambiente e ogni ambiente crea una rete di automatismo. Tuttavia non ci si libera mai completamente delle proprie abitudini.

Il giovane borghese al quale la strada ha dato il senso e il gusto della povertà, ritroverà a casa sua le posate d'argento, i piattini e i servitori attenti; indosserà lo smoking e tutti quegli annessi che fanno assomigliare una riunione mondana all'assemblea generale di una società di becchini. Ma vorrei proprio vedere la sua camera, a condizione che gli sia permesso di metterla a modo suo; scommetto che non assomiglia a quella dell'altro giovane borghese che conosce l'avventura solo sotto la forma di “caccia al tesoro” e la strada dall'acceleratore della sua automobile; il letto sarà duro, i mobili rari e modesti, le tappezzerie semplici, gli ornamenti rari e di buon gusto; e io non mi stupirei se il nostro amico passasse qualche notte sullo scendiletto in ricordo dei fienili e della tenda.

Il giovane operaio, ritroverà anche lui il suo ambiente, la grandezza del lavoro e le tentazioni dell'officina; ma quando l'odio e l'invidia lo tormenteranno, si ricorderà le amicizie della strada; quando le tentazioni nel laboratorio o nella strada lo circonderanno, sentimentali o sensuali, egli resisterà vittoriosamente; perché ha fatto delle riserve di forza e di purezza. E noi potremmo passare in rivista tutte le condizioni sociali e tutte le abitudini della strada; in ogni caso qualche cosa resterà sempre. Un po' come i vestiti che conservano l'odore dell'aria aperta e il profumo delle piante aromatiche. [...]

Se tornati a casa, il giovane operaio o il giovane borghese si sentono impacciati, pieni di impazienza e di noia; se non riescono a ingranare le loro azioni nel loro ambiente, se sbadigliano tutto il giorno in continue nostalgie, hanno fatto una falsa partenza. Bisogna che si fermino, si orientino, ripartano senza fretta.

[...] Diciamolo francamente, ci sono forse dei giovani per i quali sarebbe stato meglio che non avessero conosciuto la strada, dato che non avevano la forza morale sufficiente per inserirla nella loro vita. Rendono una fissazione quello che dovrebbe essere un mezzo di formazione. Peggio per loro!... Ma quando l'adattamento riesce, allora raggiunge ottimi risultati. [...]

Egli fa le stesse cose che fanno gli altri, ma a modo suo.

Per ripetere una espressione dei routiers scout [n.d.w.: rover] , ha uno stile: lo stile routier.

Romana o gotica, una chiesa è sempre una chiesa, che ha come fine di ospitare la presenza di Dio e la preghiera degli uomini. Ma ogni costruzione differisce per lo stile che la riveste di una bellezza e suggestione sue proprie. Tutte le azioni del routier sono contrassegnate da uno stile.

[...] La strada non è forse la cavalleria dei nostri tempi?

La cosa principale, d'altronde, è di ricordare l'esistenza, di comprendere la nobiltà dello stile routier.

Capire che la strada arricchisce, corrobora, profuma tutta la vita; che, per scrivere una parola orribile, è a suo modo, totalitaria.

Ai Compagni di San Francesco, noi diciamo: “compagno” una volta, “compagno” per sempre; compagno sulla strada, compagno ovunque.

Si può allargare la formula: routier ovunque, routier sempre.

Sarà la preoccupazione dei capi, degli assistenti, di non permettere una separazione fra la strada e la vita. Con il loro esempio, con le loro parole, con l'andamento dei capitoli, porranno un legame fra queste due realtà.

Sulla strada mai si dimenticherà la vita; nella vita mai si dimenticherà la strada. Essa apparirà come una ripresa di contatto con la vita profonda, la vita come la strada che bisogna seguire, nonostante tutti gli ostacoli e tutte le difficoltà.

E forse vedremo sorgere nel mondo un nuovo tipo di santità, la santità della strada.

Ogni tempo ha i suoi santi. Al nostro sembra che si adattino gli eroi dell'apostolato, i martiri del dovere del proprio stato. E anche i santi dellada "Strade al sole", rivista rover ASCI strada. Dei santi liberi, gioiosi, amabili, tuttavia terribilmente equilibrati e mortificati. Dei santi umoristi, pieni di fantasia, che sanno cantare; però padroni di se stessi e tesi verso la gravità dell'esistenza. 

Dei santi il cui grande merito sarà di accettare la volontà di Dio semplicemente e gaiamente come accettano la strada e la sua disciplina.

È là che la strada ci porta in fin dei conti: bisogna saperlo e prepararcisi. 

J. Folliet, da "La spiritualità della Strada",

ed. La nuova Cartografica, 1959

 

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