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Il Gi.Gi. (Grande Gioco)

 

GRANDE GIOCO

 

 

di Puma Bianco 

(da "Corte d'Onore",  rivista di Capi, Marzo 1988, n.11)

 

 

Eh sì, i miei ricordi più belli vanno ai Grandi Giochi, e mi ricordo non tanto i nomi dei Capi che c'erano, no davvero, ricordo i personaggi che interpretavano.

 

 

 

Capo Reparto: “non siete stati destati per un attacco, no, neppure per una cerimonia ai nostri avi; il motivo per cui siete stati allontanati dalle vostre case è da ricercarsi lì, nel colore della luna, nella posizione che ha assunto questa notte, è quello che dà potere ai trògom di svegliarsi   ancora una volta e combattere il nostro popolo, come vedete solo la metà di noi è riunita attorno alla Gran Torre: gli altri nostri fratelli sono stati già rapiti dai trògom e potete scommetterci che li avranno già mutati in altri come loro e ce li troveremo contro come nemici. lo so, è terribile, ma non dobbiamo essere impreparati e per questo tutti assieme costruiremo una fortezza per difenderci dall’attacco dei trògom e delle armi per respingerli nella loro terra dove questa volta, io spero, resteranno per sempre”

 

Carlo: “ma io ho sonno... non voglio giocare... e poi...”

 

C.R.: “sì è giusto! Oh popolo dei Gàrreb altri oltre a lui non sono desiderosi di vincere i Trògom? Atri desiderano riposare? [silenzio] Bene. Alfiere Carlo. La tua stanchezza non potrebbe che danneggiarci. Se ritieni quindi di non avere abbastanza forze per proteggere te e il tuo popola vai pure nel Regno del Kambùsidur... lì potrai nasconderti fino al termine delle ostilità... E per gli altri: siete con me?"

Tutti: "sìììì!"

CR: "e siete pronti?"

Tutti: "sìììì!"

- Carlo li seguì, naturalmente -

 

Vice CapoReparto: “Ci voleva tanto ad arrivare? Ci siete tutti? Bene, allora.., come avrete capito è iniziato il Grande Gioco, allora.., metà di voi sono i....ehm.... come li abbiamo chiamati... ah, sì, Trògom! Voi siete i Trògom e l’altra metà del reparto, che è nell’altro sottocampo, sono i Garreb. Praticamente noi siamo stati trasformati in Trògom e siccome c’è la luna piena li attacchiamo. Dai, forza, metà di voi fanno una specie di cerchio con rami e frasche e altri preparano delle armi finte, giusto per avere qualcosa in mano, insomma...”

Luisa: “Ma io ho sonno...”

VCR: “Senti... abbiamo tutti sonno, se ci diamo una mossa si fa prima, invece di lamentarsi. Se non ti va di giocare vai in cambusa a dare una mano ai cambusieri a preparare il tè. Dai ragazzi facciamo veloci che   prima si comincia, prima si finisce”.

 

La situazione nel Sottocampo Beta è chiaramente esagerata (spero), ma torna utile per sottolineare la grande importanza dell’ambientazione. Anche il gioco più banale in sede, se inserito in un contesto fantastico, cambia completamente l’approccio dei ragazzi con il gioco stesso (e non sto qui a dilungarmi sul ruolo che ha il gioco nell’educazione scout!).

Facciamo un esempio banalissimo: giochiamo a palla avvelenata.

lo posso fare quadrato, e dopo il “crack” dare istruzioni perché si prepari il cerchio, al limite far spiegare le regole (in questo caso forse non serve) dai più “vecchi” ai Piedi Teneri e iniziare 1, 2, 3o più manches.

Potrei invece arrivare in sede con 15 minuti di ritardo avvolto in un poncho mimetico, sporco in faccia di finto sangue, un po’ ingobbito su me stesso per nascondere la palla sotto il poncho, e un po’ zoppicante, dopo le prime risate dei ragazzi, io, sempre serio, dico con voce debole e stridente:

“pensavo di non farcela, ho visto la morte in faccia più di una volte, ma, come voi mi avete comandato, sono stato nella terra dei draghi, ho scampato le fiamme del fiume di lava, ho scalato la montagna di vetro e infine grazie a questo mantello che rende invisibili agli occhi dei Troll, ce l’ho fatta... ho rubato la sfera di Minassis. Attenti però, non potremmo usarla tutti, la sfera obbedisce solo ai più forti, agili e veloci del regno di Magalet. Ora quindi dovrete sfidarvi all’interno di un cerchio di fuoco dove solo il migliore riuscirà a sopravvivere agli attacchi della Sfera di Minassis. - estraendo lentamente la palla dal poncho (magari coperta di stagnola) - ecco, dunque a voi.., la Sfera di Minassis! ! !“

 

Chiaramente l’incitamento dei ragazzi è ben diverso, e penso che questo sia chiaro a tutti. L’errore più comune invece è un altro: tutti noi facciamo travestimenti ambientazioni e giochi fantastici, ne sono sicuro, il problema è che non ci crediamo. Sì, non ci si crede abbastanza. Se ho ambientato il gioco nello spazio, anche i cambusieri che portano il rancio, lo faranno a tema. Nessun Capo parlerà ad un ragazzo in modo diverso da quello previsto dal gioco. Perfino se dovesse presentarsi la necessità di prendere provvedimenti disciplinari con qualcuno, lo si farà “a tema”.

Normalmente il Capo è restio ad immergere tutto se stesso nella fantasia del gioco, cosa che invece riesce molto più facile ai ragazzi, e se questo non accade è perché i ragazzi vedono i Capi non coinvolti.

I travestimenti, come amava ricordare B.-P., sono un’arte, il camuffarsi è un gioco di per se stesso e diverte molto indipendentemente dal gioco stesso; e se siamo ben camuffati e le nostre “normali fattezze” diventano quasi irriconoscibili, l’ambientazione prenderà molta più forza e vigore assieme a tutto il gioco. Non ci si leva il travestimento per mangiare, ad esempio, e neppure per fare quadrato, per il semplice motivo che non si farà quadrato (durante il gioco), mai e poi mai dei Capi si vedranno non travestiti per il gioco e appartati a chiacchierare o fare altro finché il resto del Reparto gli gioca attorno. Tutto insomma, proprio tutto è ambientato durante l’intera durata del gioco, e i ragazzi si accorgeranno se noi stiamo facendo finta o se stiamo vivendo il gioco come loro.

Insomma saprete se un gioco è riuscito se i ragazzi lo ricorderanno in futuro anche dopo anni, e sarà stato fantastico se non ricorderanno le persone che giocavano ma i personaggi che presero vita.