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Figura del capo riparto

 

Mio capo e Mio "eroe"

 

 

di Puma Bianco 

(da "Corte d'Onore",  rivista di Capi, Gennaio 1998, n.10 * )

 

 

A volte la routine annebbia la strada e la meta che abbiamo scelte, coinvolge eventi, progetti e attività che poco a poco rischiano di trasformarsi da strumenti in finalità.

 

 

Quand’ero in Reparto ho cambiato ben 4 Caporeparto, tutti entrati da Lupetti avevano percorso il loro cammino scout passando per altri capi che a loro volta...

Non è il massimo cambiare 4 punti di riferimento in età da Esploratori, però la diversità di questi mi ha dato modo di capire l’importanza delle caratteristiche del Capo e l’essenzialità che queste siano proprie di ogni Caporeparto.

 

Il primo era giovane e affiancato da uno staff altrettanto giovane, la conduzione del Reparto era organizzata d’équipe, non c'era una vera figura di riferimento, una volta parlava uno poi l'atro lo contraddiceva, uno ti diceva che si poteva fare una cosa quando l'altro te la negava; insomma mancava IL Capo. Io ho saputo qual era il CR solo chiedendolo perché neanche all’alzabandiera la conduzione era uniforme.

 

Il secondo Caporeparto era l’opposto, a stento ricordo chi fossero le altre persone dello staff, la sua parola era verbo, quello che diceva faceva e pretendeva che fosse fatto. Non era mai fermo, anche quando noi ragazzi cucinavamo lui stava facendo una costruzione, quando lavavamo lui stava lavando in cambusa, quando giocavamo diretti da un altro Capo lui stava pulendo il campo. Nessuno poteva disubbidire a una regola del campo; un suo ordine doveva essere eseguito subito e senza discussioni, dopo averlo eseguito si potevano chiedere spiegazioni e anche essere in disaccordo, ma lui era IL Capo.

Allo stesso modo era impostato il sistema di pattuglie: come lui era l’esempio per noi (sapeva tutte le tecniche, non sbagliava mai una misurazione, un azimut, una costruzione) allo stesso modo il Capo Pattuglia era il leader della stessa, l’indiscusso punto di riferimento per tutto; se un piede tenero andava dal CR per lamentele riguardanti la vita di pattuglia, gli veniva risposto di arrangiarsi con il Capo Pattuglia; d’altro canto se la pattuglia andava male il CR riprendeva solo il CP perché lui era il responsabile.

 

Il terzo Caporeparto era molto tecnico, abile in quasi tutte le sfumature della vita scout, peccava però nel Metodo, viveva il campo come un’avventura per se stesso; noi non ci sentivamo parte di un’avventura ma un po’ strumenti di un'avventura altrui. Non c’era una grande intesa neppure tra i Capi Pattuglia e il vertice del Reparto: come un muro invisibile era sempre tra noi e loro, come se in un Grande Gioco loro fossero sempre i nemici.

 

L’ultimo Caporeparto che salutai prima di passare Rover, aveva la classica natura del leader: intraprendente, atletico, sempre di buon umore, disponibile e carismatico. Assieme a lui abbiamo trascorso un campo estivo intenso e ricco, ma nonostante queste sue doti lasciava troppo alla creatività spontanea del momento penalizzando programmazione, disciplina e ordine. Con gli occhi di poi direi che ad oscurare le sue grandi azioni eroiche, che lasciavano Esploratori ed Esploratrici a bocca aperta nella speranza di poterlo un giorno emulare, c’erano sempre le gaffe di pressappochismo che lo rendevano di colpo umano o, come direbbe Nietzsche, “troppo umano”.

 

Benché abbia dedicato più spazio al secondo Capo, non voglio, ora, fare considerazioni di merito anche perché ognuno ha avuto qualche cosa da insegnare (beh, a dire il vero, il primo non molto) e forse ti sei già schierato da una parte o dall’altra riconoscendo te o il tuo ideale di Capo in uno di questi.

Purtroppo quando si giudica un Capo, lo si rapporta sempre ai propri “gusti" e non di rado lo si confronta (ahimè) con le proprie idee politiche. Questo però è radicalmente scorretto perché il Capo non deve piacere né a me né a te e non deve servire ad alcuno di noi, lui deve esistere ed operare per i ragazzi, e pertanto è con gli occhi di un ragazzo che va guardato un Capo, altrimenti finiremo inevitabilmente nel vedere un buon Capo come un adulto pedofilo vestito da buffone che gioca con i più piccoli per essere sicuro di vincere, e vedremo il mancato Capo come un mansueto ricreatore per gioventù addomesticata.

 

Proviamo quindi adesso a diventare, per un paio di pagine, quell’uomo-ragazzo che B.-P. aveva visto come ingrediente insostituibile per il bravo Capo.

Parliamo del Capo dunque, colui dal quale dipende tutto Io Scoutismo, la persona attorno alla quale crescono milioni di giovani modificando parte del proprio carattere, indole, stile, gusto, modo di affrontare la vita.

Una responsabilità forse troppe volte presa con leggerezza e forse troppe volte sottovalutata.

 

“Ugo, parlami del tuo Caporeparto”

 

“I miei Caporeparto sono simpatici, anche se Giulia e Ale stanno sempre per conto loro, sono tutti bravi a fare qualche cosa, ad ogni attività sanno esattamente a quale pagina di quale manuale trovare la tecnica giusta o il gioco più bello, poi noi prepariamo tutto e lo spieghiamo al Reparto; se facciamo presto ci lasciano andare a casa alle quattro e mezzo in punto. Il Caporeparto dovrebbe essere Luisa, anche se quando c’è da fare la predica è sempre Gigi che parla; e poi, dico io, Luisa non si ricorda mai neanche cosa dire durante le cerimonie e sbaglia sempre a fischiare (quando non urla). Devo dire però che ci fanno giocare tantissimo, i giochi sono sempre gli stessi, ma noi ci divertiamo. Ogni tanto poi ci mostrano anche su di un libro come si fanno i nodi e se capita che c’è un po’ di tempo in più durante un’uscita, si riunisce tutto lo staff e in cinque minuti trovano qualche cosa da fare, e noi scommettiamo... novanta su cento chiedono ai Capi Pattuglia di organizzare un gioco e infatti quasi sempre è così, anche perché Andrea (il capo dei Falchi) è meglio di tutti i Capi messi assieme, nei giochi, e poi ha un sacco di fantasia. Tutto sommato anch’io vorrei essere Caporeparto e non vedo l’ora di diventarlo: loro al campo sono sempre gli ultimi ad alzarsi e poi possono mangiare biscotti e tortine a colazione saltando la ginnastica (che organizza Andrea), eppure un po’ di moto gli farebbe bene alla Luisa, non riesce neanche ad arrampicarsi sugli alberi (forse è per questo che lo vieta anche a noi). Alla sera, sempre al campo, quando noi andiamo a dormire sentiamo sempre una gran schiamazzo dalla cambusa e danno proprio l’idea di divertirsi molto con la musica e tutto il resto, ecco perché hanno sempre così sonno il mattino; loro dicono che stanno alzati fino a tardi per preparare le attività, ma Andrea ci metterebbe cinque minuti a preparare quello che fanno fare a noi. Deve essere proprio bello essere un Caporeparto non vedo l’ora di diventarlo.”

 

 

“Gino, parlami del tuo Caporeparto”

“Il mio Caporeparto è colui che è sempre osservato da noi tutti, imitato all’ossessione, invidiato per la bravura e ammirato per la correttezza. Per noi ragazzi è perfetto, o quasi. È il migliore in tutte le tecniche, è il migliore atleticamente, il più saggio, il più equilibrato, non sbaglia a giudicare, sa fare quello che gli altri non sanno fare, è il più forte, sa sempre cosa fare anche quando nessuno lo sa, ha una soluzione per ogni problema, la sua tenda è la più alta, la più pulita, la meglio montata del Campo e si dice che ci dorma solo lui con le bandiere, e dico “si dice” perché nessuno mai lo ha visto coricarsi la sera e al mattino è lui in persona a svegliarci, è lui che ci fa fare ginnastica e nessuno la fa meglio di lui; è il mio Caporeparto che mi ha insegnato ad arrampicarmi sugli alberi e lì costruire la mia prima capanna; nessuno ha mai battuto il mio Caporeparto a scalpo; non ho mai visto il mio CR preoccupato, sa sempre cosa fare e io voglio essere come lui quando sarò in difficoltà durante l’hike con la mia Pattuglia; il mio Caporeparto sa tutte le prove per Esploratore d’Italia [N.d.W: equivalente ad Esploratore Scelto] e le sa fare tutte, e anch’io un giorno le saprò fare tutte così sarò anch’io utile al Reparto come lo è lui. Se devo dirle tutte però, il mio CR è anche un po’ severo, alla sera - ad esempio - facciamo un sacco di rumore per i giochi, il bivacco ecc., poi quando andiamo alle nostre tende, dopo il fischio non vola una mosca; ma, dico io, non è esagerato? Lo dico perché una volta in tenda il mio vice ed il mio terzo hanno fatto un po’ di “lotta” in tenda e ovviamente nel silenzio che regnava si sono fatti sentire fino alle Antille; quando è arrivato il Caporeparto non ha neppure chiesto chi fosse stato, l’unica domanda l’ha rivolta a me: “Non si è sentito il fischio?”, io assicurai che si era sentito ma che... non finii neppure la frase che mi ritrovai assieme a lui a montare l’alzabandiera (era la prima notte di campo da Capo Pattuglia per me), finimmo alle 4.00 e da quel giorno in poi attorno al mio sottocampo di notte non si superavano 5 db; certo non dormivamo subito, ovvio, ma chi faceva il minimo rumore doveva vedersela con me. Il mio Caporeparto insomma è uno con le idee chiare, un po' testardo se vogliamo, ma alla fine dobbiamo sempre ammettere aveva ragione lui”. Non deve essere facile fare il CR, alzarsi presto andare a letto per ultimo, lavorare come e più degli altri.., però è bello vedere quando ci insegna tutte quelle cose, anche se vorrei poterlo battere almeno in una di queste.

Un giorno anch’io sarò come il mio Caporeparto".

 

Tiriamo allora le conclusioni di questo breve excursus sulla figura del Capo vista dal ragazzo.

 

Il cammino scout da Cucciolo alla Partenza è suddiviso in tre branche per le differenze peculiari che caratterizzano ogni fascia di età lungo il percorso di crescita del ragazzo. Mette il fazzolettone da fanciullo e lo indossa fino alla piena adolescenza (e oltre!), ma in tutto questo tempo tra mille cambiamenti una cosa è rimasta costante in tutte le età: l’ammirazione per i propri idoli.

 

Tutti da bambini e ragazzi avevamo i nostri eroi, attaccavo i poster sui muri, o li usavamo come nostri pseudonimi, o giocavamo ad essere loro, o ancora scrivevamo il loro nome all’esasperazione. Questa caratteristica è forse l’arma più importante che un educatore possa avere a sua disposizione e forse il meno sfruttato.

Se solo un Capo riuscisse a diventare l’eroe per i suoi Esploratori, peserebbe sì su di lui una responsabilità plumbea, ma avrebbe a sua disposizione la possibilità di attirare i suoi ragazzi a tutte quelle caratteristiche, tecniche, principi morali, abilità fisiche, correttezza che ognuno di noi vorrebbe per il propri Lupetti, Esploratori, Rover.

Ma per fare questo bisogna, per tornare al concetto iniziale, guardare con i loro occhi.

Non dico che il Capo debba essere perfetto, ma così deve apparire a loro perché è quello a cui devono puntare, devono mirare al meglio e il Capo deve essere il loro “meglio”. Le attività si preparano in staff, ma durante le attività i momenti forti devono essere gestiti direttamente dal Capobranco / Reparto / Compagnia [N.d.W.: Clan]. Non è perché dobbiamo mostrarci più bravi di tutti, per vantarci o esaltarci che dobbiamo essere i migliori, ma per i nostri ragazzi. Per loro l’esempio deve essere il più vicino possibile all’ideale.

Certo anche il Capo sbaglia (il meno possibile) e quando lo fa, lo ammette con sincerità, serenità e dignità. Certo se vogliamo dare il massimo come esempio ai nostri ragazzi perché ci ammirino e seguano, dobbiamo stare attenti ai nostri limiti [...].

Tutto questo serenamente, senza discriminazioni, solo e soltanto per dare IL MEGLIO ai ragazzi. Certo anche se io non sono bravo nella tecnica sarò bravo in qualche cosa d’altro in Reparto, di sicuro, ma non sarò io il Caporeparto.

Come posso pretendere che un Capo Pattuglia diventi Esploratore d’Italia se io stesso non sono in grado di superare tutte le prove. No, non posso avere il cuore di essere un mediocre esempio per i miei ragazzi, loro devono puntare al meglio, e solo puntando al massimo potranno arrivare in alto [...].

 

*) titolo originale: "Mio Capo e Mio Dio"