L'Autonomia di Squadriglia
GIÙ LE MANI DALLA SQUADRIGLIA
di Roberto Lorenzini (già responsabile Branca Esploratori)
(da "Scout - Proposta Educativa", rivista dei Capi AGESCI, Settembre 1985)
Al
termine del mio Campo Scuola, il Capo campo ci disse «Ricordate che tutte
le aberrazioni metodologiche saranno perdonate tranne quelle contro la
Squadriglia».
A
pensarci bene «In principio fu la Squadriglia...»;
questa è l’intuizione più originale di B.-P. tanto è vero che al
quartier generale degli Scouts Americani l’immensa statua di B.-P., nota per
la collana regalatagli dal capo indiano e composta (meraviglia!) di ben
8.329 zoccolette, sta sul piedistallo su cui è scritto semplicemente «B.-P.
inventore della Squadriglia».
Alcuni
denigratori del fondatore sostengono che l’idea gli venne per pigrizia in
quanto era troppo difficile e faticoso seguire personalmente tutti i ragazzi
e perciò inventò il modo per farli essere ognuno responsabile dell’altro.
Costoro che io chiamo i CapiPiovra sono acerrimi nemici della Squadriglia,
hanno un tentacolo per ogni ragazzo e tante ventosine su ogni tentacolo per
quanti sono gli obiettivi della progressione personale, spesso amano farsi
chiamare educatori piuttosto che Capi e sono molto meticolosi e precisi ma
si scoprono facilmente chiedendo loro a bruciapelo cosa vedono nel
praticello di fronte la sede: mai una volta che ti dicessero «I bufali
della prateria».
Questa
pericolosa setta tende a giustificare la progressiva invasione del Reparto,
l'esproprio che ne fa a danno dei ragazzi proprio con la presunta incapacità
dei ragazze a gestirsi responsabilmente ma non si avvede che tale incapacità
non è la causa ma l’effetto dell’aver minato alla base il sistema della
Squadriglia. Non è corretto togliere il carburatore e poi dire che la
macchina non funziona. Allora esaminiamo in breve i pezzi essenziali perché
il motore funzioni.
In
primo luogo la verticalità. Solo
così i più piccoli hanno l’opportunità di vivere avventure reali che in
una Squadriglia di loro pari non potrebbero avere ed hanno dei modelli nei più
grandi che sono a loro portata molto più del Capo Reparto. Solo così i
grandi iniziano a sperimentare la gioia e la fatica di preoccuparsi di altri e
la responsabilità di essere d’esempio.
In
secondo luogo la monosessualità. Già
a lungo si è scritto su questo tema per sottolineare il valore di un gruppo
in cui il ragazzo e la ragazza che stanno scoprendo la sessualità possano
liberamente confrontarsi con chi è più avanti in questo cammino senza
misurarsi con le tensioni che l’incontro con l’altro sesso comporta.
In
terzo luogo la progettualità. La
Squadriglia vive intorno a dei progetti da realizzare, ad un cammino da
percorrere.
In
esso si fondono le due dimensioni del «Gruppo di amici» e del «Gruppo di
lavoro» che spesso i ragazzi vivono invece in modo separato:
con
gli amici ci si diverte e basta senza regole, quando ci si trova per lavorare
invece i rapporti personali non contano. Nella Squadriglia regole e
amicizia convivono e si rinsaldano reciprocamente.
Per
questo la Squadriglia vive di imprese che sono decise dai ragazzi stessi e
che il Capo aiuta a rendere esperienze educative attraverso sottolineature,
consigli, riflessioni, verifiche, sfide che propone soprattutto attraverso
il Consiglio Capi. Come ogni comunità che funziona, nella Squadriglia ogni
ragazzo ha un ruolo preciso, stabilito in precedenza, conosciuto da tutti:
sono gli Incarichi (magazziniere, cassiere, logista, maestro giochi ecc.) e
per questo il numero complessivo dei ragazzi non deve essere superiore a 7. ln
sette si può essere tutti protagonisti, in più di sette iniziano ad esserci
gli spettatori.
Quando
ero Caposquadriglia (ed stato il periodo che più mi ha cambiato e che ricordo
con più entusiasmo di tutta la mia vita scout) cercavo sempre di avere una
Squadriglia poco numerosa: in questo modo eravamo i più efficienti e non
perdevamo mai nessuno per strada.
Se
gli incarichi sono fissi per tutto l’anno e stabiliti dal Consiglio di
Squadriglia, i posti d’azione variano invece secondo le necessità da una
impresa ad un’altra, e nel distribuirli si terrà conto di quali sono le mete
di ciascun ragazzo [N.d.W.: vedi "prove" di Classe] : è un gioco (appunto) da ragazzi se le mete sono concrete
e non dei «pii proponimenti per Natale».
Dunque
i posti d’azione sono il modo privilegiato in cui i ragazzi stessi scelgono
come tradurre le mete concrete che ognuno di loro ha in obiettivi legati a ciò
che si sta facendo.
In
quarto luogo l’autonomia. La
Squadriglia deve avere una sua base che i ragazzi costruiscono, mantengono
pulita, che è loro punto di riferimento e di identità. Io ad esempio avevo
nell’angolo di Squadriglia le mie cose più care e quelle che non potevo
tenere a casa.
La
Squadriglia ha del materiale che compra, aggiusta, talvolta purtroppo perde.
Ma il nostro scopo è educare alla laboriosità ed all’economia e non avere
dei buoni rover di servizio che «ci pensano loro, così si spende meno e le
cose funzionano meglio».
La
Squadriglia va in uscita da sola, senza che i Capi che la spiano, anche se i
Capi chiedono loro il programma e poi conto del lavoro svolto. A nulla vale
che facciano bene le cose solo se ci sono i Capi, occorre rischiare che le
facciano male per poi scegliere di farle bene per loro stessi e non per il
nostro giudizio.
Certo
la Squadriglia funziona se ha un buon manico: il Capo Squadriglia.
Dove
impara ad esser Capo un ragazzo di 15 anni? Come fa a superare la tentazione
del potere come prevaricazione per scoprire la gioia del potere come servizio?
Due sono i luoghi deputati a questo. L’Alta Squadriglia che è una
Squadriglia il cui Capo è proprio il Capo Reparto che con il suo esempio fa
vedere come si è Capi al servizio di una piccola comunità.
Il
Consiglio Capi dove esplicitamente si discute dei problemi della
Squadriglia, dell’essere Capi, della vita di tutto il Reparto. Il Consiglio
dei Capi va estremamente rivalutato in quanto è il vero organo di governo
del Reparto non a livello educativo (questo spetta ai Capi) ma a livello della
vita di una comunità di ragazzi.
Attenzione
dunque tutta la proposta del Reparto passa davvero solo se vissuta
concretamente in Squadriglia. Il sentiero competenza ha senso non se le
imprese di Reparto sono belle ma se la Squadriglia vive con competenza la
quotidianità, se funziona il trapasso delle nozioni. Il sentiero fede è
vivo se la Squadriglia impara a pregare, a riflettere, a correggersi l’un
l’altro fraternamente. Il sentiero accoglienza si sperimenta prima di
tutto in Squadriglia che è la prima, vera, intensa esperienza sociale che
il ragazzo fa.
La
progressione personale resta lettera morta se il Consiglio di Squadriglia non
la sente una cosa sua, con la quale distribuire compiti, incarichi, posti
d’azione, sulla quale confrontarsi al termine di un’impresa.
Occorre dunque organizzarsi per sconfiggere i Capi-Piovra e restituire ai ragazzi il Reparto, i bufali di Kensington Garden, l’avventura in una pozza d’acqua ed a noi un po’ di meritata pigrizia.