INIZIO


SAN GIORGIO 1928

"Aquile randagie"

SCIOGLIMENTO

"Ricordi"

Milano, la vetrata nella chiesa di S.Sepolcro: a sinistra è visibile il giglio dell'ASCI in rossoIl signor Paraninfo ed il Signor Peviani "Istruttori" del Rep. Scout MI 26°, a volte venivano a casa nostra per parlare coi miei genitori. Si interessavano assiduamente dei ragazzi, lo scoutismo era per loro: donare ai giovani una formazione educativa libera, sana, felice, temprandoli per la vita. In quei primi mesi dell’anno 1928, le loro visite si intensificarono; c’era in loro — solitamente tanto cordiali — un riserbo strano, sembravano preoccupati. Parlavano con mamma e papà ed altri; io a volte, col mento appoggiato al tavolo, ascoltavo il loro conversare; nessuno badava a me. Parlavano di andar lontano, fuori dall’Italia, ed erano tanto tristi, corrucciati, arrabbiati: non avevano il coraggio di dire ai loro ragazzi che tutto doveva finire. Il governo di allora aveva tassativamente decretato che fossero sciolte tutte le associazioni scout: i giovani e tutti potevano solo aderire al "Fascio"... Capii più tardi come non fosse facile accettare simile imposizione, infatti la ribellione fu immediata, nessuno aveva intenzione di rinnegare i propri ideali e lo scoutismo non morì...

Beniamino Casati, Aldo Mauri, Ermanno Barozzi, Dino Meroni, Felice Brioschi, Vittorio Faglia e Giovanni Ermi

fanno parte del 3° reparto scout di Monza, con sede presso l’oratorio del SS. Redentore. Quando il reparto è sciolto, per l’imposizione fascista, essi chiedono un incontro con la direzione dell’oratorio, perché: "Noi intendiamo continuare la nostra attività scout, con l’aiuto di Andrea Ghetti, del gruppo di scouts che già la continuano a Milano".

Sono sostenuti, in questo loro proposito, da don Luigi De Agostini. Animatore appassionato del gruppo è Casati, che paga di persona, subendo minacce e percosse. Umile operaio, di famiglia povera, autodidatta, dalla salute malferma, sincero e tenace. "L’A.S.C.I. è sciolta, l’A.S.C.I non muore":

è il suo motto. E lo scoutismo, anche a Monza, non muore.

ABBIAMO PROMESSO

Per l’incertezza della situazione, per i consigli alla prudenza, per la sede del riparto situata proprio nella stessa piazza donde partì la "Marcia su Roma", sono venuti alla riunione alla spicciolata, con la divisa nascosta sotto abiti borghesi. Vengono da varie parti della città, per affermare la loro volontà di resistere all’ingiustizia. Sono scesi nella cripta della chiesa di S. Sepolcro e si sono messi in perfetta uniforme. Hanno fatto cerchio attorno a Ciaccio, il primo lupetto che viene accolto nello scoutismo dopo lo scioglimento dell’Asci.

E un momento di grande commozione.

E un segno che nulla impedirà loro di continuare sulla strada tracciata dalla loro promessa. Ed ora, assieme, tutti la rinnovano. "Abbiamo promesso, sul nostro onore, di fare del nostro meglio per compiere il nostro dovere verso Dio e verso la Patria; per aiutare gli altri in ogni circostanza; per osservare la legge scout".

"Non è giusto, e noi non lo accettiamo, che ci venga impedito di vivere insieme, secondo la nostra legge: legge di lealtà, di libertà, di fraternità.

Noi continueremo a fare del nostro meglio, per crescere uomini onesti e cittadini preparati e responsabili. Noi continueremo a cercare nella Natura la voce del Creatore e l’ambiente per rendere forte il nostro corpo ed il nostro spirito".

Così conclude Kelly la prima riunione "ufficiale" della nostra vita clandestina.

 

Allo scoppio della guerra, Baden Powell, il fondatore degli scouts, si trovava in Africa, a Nairobi, la capitale del Kenia. In un suo messaggio scriveva, tra l’altro:

 

"Ho potato dei rosai nel mio giardino del Kenia, il che non è un’occupazione di primaria importanza in tempo di guerra. Non ne sono orgoglioso (...). Ma è la sola attività all’aria aperta che mi ha permesso il medico (aveva ottantuno anni!). Alcuni li avevo potati troppo e temevo di averli fatti morire. Ma non fu così. Fiorirono meglio degli altri (...). La guerra ha potato il nostro movimento togliendogli capi e rovers (...). In altri paesi la potatura è stata ancor più radicale. In certi casi i nazi-fascisti hanno tagliato i movimenti fino alla radice ed hanno tentato di sostituirli con altre piante, quali la gioventù hitleriana ed i balilla.

Ma le radici esistono ancora!

Quando la primavera della pace tornerà, per la bontà di Dio, le piante produrranno nuovi polloni, - tanto più forti e più numerosi, quanto più esse saranno state messe alla prova".

L’inverno è passato; è tornata la primavera e, con essa, sono tornate la fine della guerra e la libertà e tante altre cose belle. Le stagioni però, continuano nel loro alternarsi. E già nuovi inverni (come i mostri dei quali parla Mario nella sua lettera) sono venuti. Ma le radici; profondamente piantate nel terreno buono, non muoiono.

L’inverno non può loro nuocere più tanto, ed i rosai rifioriranno ad ogni nuova primavera, fino alla primavera che non finisce, dove non ci sarà più né inverno, né notte, perché il Signore Dio li illuminerà, e regneranno per sempre" (Ap 22,5).

Da "L'inverno e il rosaio", ed. Ancora, a cura di Arrigo Luppi

 Ricordando San Giorgio, e con il nostro Santo Patrono il rinnovo della Promessa fatto tutti i 23 Aprile dagli scout del mondo, sembra giusto ricordare anche un San Giorgio lontano, quello del 1928, il primo della clandestinità e delle Aquile Randagie. La testimonianza dei valori dello scautismo delle Aquile randagie non è solo motivo di orgoglio, ma deve essere sprone ed esempio a più di 60 anni a chi vuole vivere con coerenza i propri ideali di scout cattolici, se necessario contro corrente.

 

Aquile Randagie

le Aquile Randagie in una fotografia 1935

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