Cominciamo
con i nodi...
Da
"L'Esploratore"(rivista per gli esploratori dell' ASCI)
n.5, Maggio 1972
Era
uno di quei Ciessequ «tecnici», e le numerose specialità di cui si fregiava
stavano a dimostrarlo.
Ogni
novizio che gli capitava tra le mani, assegnato alla sua squadriglia,
diventava in breve tempo un prodotto finito di quella matrice, comune a tutti
i componenti della sq. Leoni, che era Giandrea il Ciessequ.
«Cominciamo
con i nodi», era il suo grido di battaglia ed il suo biglietto da visita.
E
che dire dell’estetica?
Le
sue piombature e cimature avrebbero fatto fare bella figura ad un mozzo già
esperto, e per quanto riguarda, le legature... beh! Lo si poteva capire dagli
alzabandiera di 25 metri in cui alle giunzioni non trovavi un chiodo o un
bullone neanche a controllarle con un cercamine.
Perché?
Lui,
il superesperto, si trovò soppiantato da Marcellino, il suo terzo di
squadriglia, che fino allora era restato anonimo nel mazzo.
Giandrea
provò e riprovò, ma l’autorità di Ciessequ cominciò a declinare ed a
piegarsi
sempre di più verso Marcellino.
Ormai
le attività puramente tecniche diminuivano e le rimanenti avevano sempre uno
scopo: riparare la cassa-panca all’Annuccia, fare un piano a scivolo al sor
Giuseppe affinché con la sedia a rotelle potesse scendere da solo sul
ballatoio...
Ormai
più nessuno l’accompagnava sotto casa e lo salutava (e sì che abitava
lungo la strada degli altri).
Arrancando
sulla ripida salita, con a sinistra una parete di roccia ed a destra uno strapiombo
di 200 metri, cominciò seriamente a pensare di farla finita.
No!
Cosa avete capito? Farla finita con gli scouts.
Segnarsi
in qualche squadra di pallone..., magari di pallacanestro...
bisognava
far presto!
Girò
la corda intorno al paletto tondo in alluminio del guardrail, fece una
discesa a corda doppia e si trovò sulla terrazzetta.
Reggendosi
con una mano, e trovato qualche appiglio per i piedi, con l’altra fece un bolina
e lo passò sotto le ascelle dell'uomo.
Al
bolina assicurò un grosso moschettone, vi passò dentro l’altro capo della
corda e poi se lo legò attorno.
La
parte tagliata la legò ad anello con un nodo del ponte e poi con un nodo
prussik lo assicurò al tratto di corda tra sé ed il paletto, passò poi l’anello
rimanente sotto le sue spalle e ridiscese sulla terrazzetta.
Aveva
ideato un rudimentale sistema di carrucole, con lui per contrappeso, e per di
più poteva, con il prussik, rimanere sempre accanto all’uomo per aiutarlo
meglio nella salita.
La
cosa più difficile fu il tirarlo sul piano stradale.
Poi,
come l’ebbe sistemato a terra, volò con la sua bici a chiamare aiuto.
Allora
Giandrea si strappò la «pecetta» di Pennese dal braccio e mormorò tra sé:
«Ora che l’ho meritata veramente, non serve più portarla».
Non
era riuscito a spiccicare una parola, non sa sapeva cosa dire.
Ma
Marcellino lo prevenne:
— Perché non cominciamo con i nodi? —