INIZIO


La Banda di Morgan

 

 

Da "Sussidio Tecnico 11"(ASCI, Servizi  Sociali Fiordaliso)  

  

Certo la nostra situazione non era delle più favorevoli.

Tutt’intorno silenzio; anche le cicale avevano zittito Il loro canto. Qualcosa era nell’aria. Voi avreste la curiosità di sapere di che cosa si tratta? E via, ve lo racconterò.

Dunque, eravamo partiti alla mattina alle cinque, tutti equipaggiati, in seguito ad una notizia che “Palo” era riuscito ad intercettare.

Ma noi chi eravamo? Ecco il nocciolo della questione: nel rione vicino al nostro, tre o quattro ragazzi della nostra età erano iscritti negli scout e, a parer nostro, andavano troppo fieri della loro divisa, del loro equipaggiamento, delle loro attività. Noi della “Banda di Morgan" non potevamo permettere questo atteggiamento.

 Noi sì che eravamo equipaggiati: bastava entrare, con la dovuta parola d’ordine, nella capanna del giardino di Walter per accorgersene. Noi sì che compivamo imprese con grande preparazione ed astuzia; bastava chiedere ai proprietari dei dintorni per saperlo: nessuno era mai riuscito a scoprire gli ignoti che vuotavano le viti, i peri ed i ciliegi, lasciando poi un biglietto con scritto: “Banda della frutta — avviso di passaggio”.

Dunque decidemmo che alla prima occasione avremmo “messo a piombo” quei quattro o cinque milordini del quartiere vicino.

L’occasione finalmente arrivò e noi non potevamo lasciarcela scappare.

La notizia era questa: “Loro” sarebbero andati la prossima domenica a fare una gita da soli. Il nostro servizio d’infor­mazioni era riuscito a conoscere anche l’itinerario.

Mi accorgo di prolungare troppo i particolari; ecco dunque in breve co­me andò a finire la prima parte:

aspettammo molto tempo nel luogo prescelto, li vedemmo comparire, li la­sciammo passare, li seguimmo per un po’ cercando il momento opportuno e poi... ad un certo momento ci accorgemmo che davanti a noi non c’era più nessuno, e di dietro Walter, che doveva proteggere la retroguardia stan­do a distanza di cento metri, era mi­steriosamente scomparso senza lasciare tracce.

Ecco la situazione imbarazzante: ci trovammo in una stretta valletta co­sparsa di rovi con unico passaggio sul letto secco e pietroso del ruscello, alla mercé del nemico, che non sapevamo più dove si trovasse, e che forse in quel momento ci stava spiando, dopo aver fatto “cantare” Walter con qual­che mezzo feroce.

Avevamo perso la nostra calma, non sapevamo più se andare avanti o in­dietro e ad ogni nostro passo ci sembrava di produrre un fracasso enorme sui sassi e le foglie secche.

Andare avanti? Ma dove?

Tornare indietro? Bella figura! E poi.. Walter?

Il nostro amor proprio ci spinse avanti.

Nessuno! Nessuno!

Decidemmo di mangiare.

Gianni si allontanò un attimo; un rumore smorzato di fogliame mosso, poi più nulla. Ci slanciammo verso quella direzione:

solo il cappello di Gianni,  testimone muto di una sparizione. Ed era anche sparita la parte migliore del nostro mangiare, che egli aveva nel suo sac­chetto.

Cercare? Ma dove? Provammo, ma senza risultato.

I nostri avversari sapevano muoversi nel bosco e ci avevano invertiti le parti: da cacciatori noi eravamo diventati selvaggina.

Come si sarebbe risolta la situazione? Ci sdraiammo in silenzio in una zona strategica per mangiare il pane che ci era rimasto, pane asciutto perché il resto era sparito con Gianni. Ci guardammo attorno sospettosi, quando ecco nella collina di fronte scorgemmo un lampeggiare sospettoso. Qualcuno segnalava, ora potrei dire in Morse, ma allora di queste cose non me ne intendevo. Da un’altra collina si ri­spondeva. Finalmente vedemmo sulla prima altura uno scout, in piedi in posizione visibilissima, che faceva dei segnali di richiamo nella nostra direzione.

Il primo istinto fu di precipitarci all’attacco a testa bassa, ma poi.., sarebbe sparito ed allora...

Meglio dar d’intendere di non vedere, parlare a bassa voce tra noi e spa­rire ad uno per tentare una manovra aggirante.

Ci saremmo trovati tutti vicino a quell’albero lassù, pronti ad attaccare in massa, dall’alto verso il basso.

In quanti arrivammo? In due! E gli altri? Mah?!...

Stavamo appiattati al terreno, atten­dendo, quando sentimmo una voce calare dal cielo:

 “ Ehi, voi due! Che state aspettando? E’ inutile che vi muoviate, non andreste troppo lontano! " - disse la voce che scendeva dall’albero - "piuttosto facciamo un affare, firmiamo un armistizio e venite a pranzo con noi. Voi mettete il vostro salame come antipasto e noi offriamo coni­glio allo spiedo con patate fritte. Vi assicuro che sappiamo friggerle sottili e ben croccanti”.

Quello fu il colpo "mortale" che ci ferì allo.., stomaco.

Avevamo ancora un po’ di bellicosità: “Scendi prima, che ti vediamo in faccia, poi decideremo!”.

Quello scese, ma con tanta sicurezza da far capire che non era solo.

Accettammo il pranzo, e quel pranzo segnò... il nostro ingresso tra gli scouts.

Conoscevano troppe astuzie quelli. Volevamo impararle anche noi. Inoltre ci proposero di mantenere compatto il nostro gruppo con la nostra vecchia base nel giardino di Walter: saremmo diventati la squadriglia libera delle Tigri. Ci chiesero solo di accettare la Legge: ne stavamo proprio cercando una perché la nostra banda, bisogna riconoscerlo, non aveva una legge d’onore.

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