INIZIO


Da "Scout - Proposta Educativa",pp.3-5, Agesci, Dicembre 1998

 

 Quando calano i censiti

  I fuggitivi

 

Dopo l’indagine nazionale sulle perdite dei censiti nell'Agesci e la pubblicazione di “Scout: per sempre?” ci si interroga ancora sulla fuga degli scout. [...]

 

Da qualche tempo i censimenti dell’Agesci hanno registrato un certo calo degli iscritti nelle brache E/G ed R/S, ed è per questo che l’associazione si è interrogata al­cuni mesi fa sull’annoso pro­blema del cosiddetto turn­over con una poderosa in­dagine, raccolta poi nel vo­lume “Scout per sempre?”.

Se di questa ricerca si è da­ta una interessante sintesi sul numero di “Jesus” del luglio 1996, altre riflessioni sull’argomento si sono avute nelle vivaci pagine della rivista re­gionale “Azimut” del Lazio; e alcuni accenni sul numero di “Scout” dedicato al consiglio generale 1997.

[...] Leggendo “Jesus”, scopria­mo che la crescita dell’Agesci è quanto “risulta dalla dif­ferenza fra circa 35.000 gio­vani che escono dall’associazione e 40.000 che vi entra­no”. Se nel passato dell’asso­ciazione si è giunti anche ai “diecimila nuovi iscritti all’anno, ora c’è un rallentamento, soprattutto nelle fasce d’età tra i 12 e i 17 anni, non a caso le più interessate dagli abbandoni irregolari”.

Si sa che il ricambio tra i ragazzi e i capi in entrata e in uscita nel nostro movimento, ha rappresentato una costante fisiologica sin dalle origini.

Lo stesso B.-P. ricordava che se la proposta era aperta a tutti, non per questo tut­ti dovevano accoglierla. Anzi, il nostro fondatore invitava a “non giudicare dal numero, perché il numero non conta nulla. Se lo si paragona al giusto spirito”, quasi a voler fugare certe tentazioni di un’offerta annacquata per accontentare tutti.

Senza rischiare di appiattire lo scautismo sul modello di un’organizzazione di massa in sintonia con le ten­denze di mercato, ama auspicando che sappia invece rimanere positivamente se­lettivo proponendo valori e attività impegnative (quello che per tanto tempo abbia­mo amato chiamare scuola di capi). Credo sia necessario un reale ritorno allo spi­rito originario, eliminando le eventuali inutili sovra­strutture. [...]

Senza voler sminuire il valore dell’indagine sulle perdite, mi pare opportuno vengano date alcune risposte comuni ai sintomi di malessere emersi: il ritornare agli scrit­ti originari non appare su­perf1uo, se alcune problema­tiche esposte nell’inchiesta hanno già avuto una esau­riente risposta in Baden­Powell. Se ad esempio “agli educatori gli adolescenti usciti rimproverano scarsa volontà di capirli, eccesso di autoritarismo”, forse sarebbe sufficiente sfogliare alcune delle pagine de “Il Libro dei Capi" nelle quali viene disegnato i profilo di un particolare “uomo-ragazzo”, né maestro né graduato, ma fratello maggiore. Quello che si chiede ad un capo, è di trovare pia cere nella vita all’aperto.

Se poi nelle uscite di adolescenti dall’associazione “molto pesano le aspettative riposte, specie qualora esse vengono deluse, come sul carattere avventuroso della vita di reparto, rivelatasi poi assai meno stimolante”, dobbiamo ricordare che “esistono quantità di ragazzi per quali lo scouting, semplice modesto, rustico, è necessario e sufficiente perché si mettano sulla strada verso il meglio, perché non hanno affatto la testa fatta per elu­cubrazioni, o per visioni troppo sublimi”, come scrive Menu nel suo “Arte e tecnica del capo”.

Alcuni problemi di oggi sono forse il frut­to di fenomeni del passato, e il calo nel livello della proposta, o il non saper rispon­dere al desiderio di avventura, possono trovare origine in certi intellettualismi ideo­logici che interruppero l’es­senziale utilizzo e trasmis­sione delle tecniche di vita all’aperto.

La stampa di “Scout: per sempre?” è coincisa con l’approvazione dei “rinnovati” regolamenti Agesci, i quali sanciscono una tappa nel cammino di riappriopriazioni del patrimonio metodologico, dopo le crisi e le speri­mentazioni dei tempi passa­ti. Se alcuni ne criticano il linguaggio complesso, certi passaggi burocratici o contorti, retaggio di un clima e di una sensibilità ormai su­perati, è vero però che sono stati rivalutati alcuni impor­tanti strumenti e tradizioni.

I regolamenti possono es­sere ritenuti un punto di partenza importante, se vengono utilizzati con l’ausilio di quei testi base di B.-P., che rileggiamo almeno una volta all’anno. Ma ora, utilizziamo i regolamenti, perché capita ancora — ad esempio — che aspetti di sti­le forse più esteriori, ma non per questo accessori, vengano trascurati.

[...] L'Agesci deve rimanere un'associazione educativa, che si serve del metodo scout per formare buoni cristiani e buoni cittadini. Bisogna dunque evitare dispersione di energie, concentrando le forze sui ragazzi e le ragazze, per i ragazzi e le ragazze.

Le comunità Masci potranno dare ri­sposte a domande e interessi che le comunità capi non si pongono. La burocratizzazione, che già spaventava B.-P., può nascere se, in talune strutture, parlano e decido­no molto quelli che meno fanno concretamente con i ragazzi e per i ragazzi. Si dovrebbe probabilmente pun­tare alla riduzione e raziona­lizzazione delle riunioni per capi non direttamente ri­guardanti i ragazzi e le ra­gazze, aumentando per con­tro le attività di gioiosa avventura all’aria aperta con i ragazzi e per i ragazzi, promuovendo nel contempo l’istituzione di pattuglie di amici e di adulti scout, in grado di curare aspetti tecnici logistici, alleggerendo par­te del peso che grava sulle spalle dei giovani capi, mettendo a frutto le capacità di tanti adulti preparati ma con poco tempo libero.

Alla luce dell’analisi sulle perdite è indispensabile rialzare il livello della proposta scout, migliorando la formazione tecnica e metodologi­ca dei capi, superando il pe­ricolo di uno scautismo trop­po parlato e che si nutre so­lo di cartelloni. A questo sco­po potrà essere utile anche la ristampa di manuali e testi del passato, in attesa di libri migliori e ad integrazione dei testi di B.-P., per colmare i vuoti causati dal mancato trapasso delle competenze tra capi. Così si ridà un certo spazio alle branche e alle lo­ro particolari tradizioni, anti­doto alla dispersione del patrimonio metodologico di uno scautismo giocato.

  Beppe Agosta

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